Nato ad Altavilla Vicentina il 2 gennaio 1937, fu un formidabile scalatore
a cavallo degli anni sessanta.
Si segnalò, ancor dilettante, vincendo alla maniera forte, nell'aprile del 1959, la Bologna-Raticosa. Quella vittoria convinse il suo conterraneo ed illustre tifoso Tullio Campagnolo (l'inventore del cambio nella bicicletta), a segnalarlo al decano dei direttori sportivi professionistici, Eberardo Pavesi detto "Avvocat", padre storico di quella Legnano che può essere considerata come la squadra-cuore del ciclismo fino agli anni Settanta. Come Pavesi vide Massignan, lo battezzò subito "gamba secca", e ne rimase così entusiasta da farlo debuttare immediatamente al professionismo.
Imerio ripagò la fiducia dell'Avvocat, con una prestazione al Giro d'Italia davvero impressionante. Finì quinto, dietro grandissimi nomi quali Gaul, Anquetil, Ronchini e Van Looy. In montagna si dimostrò capace di mettere alla frusta tutti, perfino il leggendario Charly Gaul. Memorabile l'ascesa di Massignan sul Piccolo San Bernardo dove si piegò solo all'acuto divino dell'Angelo della Montagna Gaul, impegnato nell'impresa, poi riuscita, di vincere il Giro d'Italia ai danni del "sire" delle crono, Jacques Anquetil. Il grande lussemburghese non tardò molto a dire che l'orizzonte delle montagne aveva trovato un altro camoscio. "Massignan è uno - ebbe a dire Gaul subito dopo il trionfo rosa - che farà penare tutti in salita, compreso me e l'ha dimostrato il giorno che ho vinto il Giro!".
Con le credenziali giunte dal più grande scalatore dell'epoca, Massignan, tipico corridore d'alta montagna e quindi da grandi corse a tappe, si ripresentò al Giro l'anno successivo, risultando più competitivo ancora.
Al quarto posto finale dietro Anquetil, Nencini e Gaul, aggiunse una sfortunata impresa sul Gavia (fu l'ultimo anno in cui quel mitico colle fu scalato, per ritrovarlo bisognerà aspettare il 1987), una salita, ovviamente non asfaltata, con pendenze impressionanti ed un paesaggio da pelle d'oca. Massignan, su quella montagna, riuscì ad essere più bravo anche di Gaul, ma una foratura gli impedì la meritata vittoria e al traguardo di Bormio giunse a 14" dall'Angelo della Montagna. Un peccato, anche perché quell'incidente gli costò, oltre alla tappa, anche il podio finale del Giro. Era però una magnifica realtà del ciclismo italiano, già capace di raccogliere una nutrita schiera di tifosi e di entusiasmi.
Coi connotati dello scalatore di razza, Massignan si presentò per la prima volta al Tour proprio nel 1960, dove finì decimo nella classifica generale finale, ma vinse quella del Gran Premio della Montagna, consacrandosi, davanti alla sopraffina platea francese, corridore di livello internazionale.
Un'altra grande dimostrazione dei suoi valori giunse inaspettatamente dai mondiali di Hohenstein, in Germania, dove finì quarto (dietro a corridori come Van Looy, Darrigade e Cerami) e primo degli italiani.
Nel 1961, quei guai fisici che poi ne limiteranno le punte di carriera, fecero capolino e si presentò al Giro non nelle migliori condizioni, finendo undicesimo, ma non uscendo mai dal guscio del gruppetto dei migliori in salita. Al Tour de France però, la sua condizione era al meglio e lì fece il suo capolavoro di carriera, staccando tutti, ed andando a vincere in una giornata di tregenda il tappone di Superbagneres di Luchon. Sulle montagne, si dimostrò ancora una volta eccezionale, vincendo per il secondo anno consecutivo la classifica finale del Gran Premio della Montagna, fino a giungere quarto nella generale finale dietro Anquetil, Carlesi e Gaul.
Il 1962 doveva essere l'anno dell'acuto al Giro e poco ci mancò che non vi riuscisse compiutamente. Vinse la classifica finale del G.P.M e finì secondo nella classifica finale, alle spalle del regolarista Franco Balmamion. Con la "forma Giro" alle spalle, trionfò solitario nel G.P. Lavis a Trento. Al Tour chiuse settimo, ma si dovette inchinare a Federico Bahamontes nella classifica del G.P.M.
Il velo di quella sfortuna spesso vicina al grande scalatore vicentino, fece un suo imperioso ingresso nel 1963, attraverso le pericolose e pesanti forme della nefrite che raggiunse uno stato tale di acutezza, da far perdere ad Imerio Massignan anche la stagione successiva.
Ritornò alle corse nel 1965, non più alla Legnano, ma con la maglia gialla dell'Ignis del Commendator Borghi. Massignan, non certo più lo scalatore di prima, ma sempre capace, specie nelle piccole corse a tappe, di lasciare un segno, ripagò la fiducia dell'Ignis, andando a vincere, solitario, la prima e la quinta tappa del Giro di Catalogna, dopo aver staccato in entrambe le occasioni, uno alla volta, tutti i migliori scalatori spagnoli. Al Giro d'Italia finì nono, ma si capì che la malattia ne aveva minato il fisico. Imerio era sempre un ottimo corridore, ma le possibilità di stare ai vertici non c'erano più. Massignan, si mise così al servizio di capitani e giovani rampanti, allungando la sua carriera fino al 1971, senza più ottenere vittorie o piazzamenti significativi.
Oggi vive in Piemonte, (Silvano d'Orba) ed è un arzillo ed atletico signore, in possesso di una simpatia ed una disponibilità fuori dal comune.